Michele, 30 anni, la lettera prima del suicidio.

“Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi. Ho cercato di essere una brava persona, ho commesso molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia. Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.

A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo. Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.

Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione. Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno. Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri. Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza sì, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.

Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene. Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.

Ho resistito finché ho potuto”.

Michele

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Brunori Sas – La verità

Te ne sei accorto sì,
che parti per scalare le montagne
e poi ti fermi al primo ristorante
e non ci pensi più.

 Te ne sei accorto sì,
che tutto questo rischio calcolato
toglie il sapore pure al cioccolato
e non ti basta più.

Ma l’hai capito che non serve a niente
mostrarti sorridente
agli occhi della gente
e che il dolore serve
proprio come serve la felicità.

Te ne sei accorto sì,
che passi tutto il giorno a disegnare
quella barchetta ferma in mezzo al mare
e non ti butti mai.

Te ne sei accorto no,
che non c’hai più le palle per rischiare
di diventare quello che ti pare
e non ci credi più.

Ma l’hai capito che non ti serve a niente
sembrare intelligente
agli occhio della gente
e che morire serve
anche a rinascere.

La verità
è che ti fa paura l’idea di scomparire,
l’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà
finire.

La verità
è che non vuoi cambiare,
che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
a cui non credi neanche più.

La verità
è che ti fa paura
l’idea di scomparire,
l’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà
morire.

La verità
è che non vuoi cambiare,
che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
a cui non credi neanche più.

 

 

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Qualcuno votava Sì – Andrea Scanzi

Le motivazioni del “Sì” sono quasi sempre granitiche. Ripercorriamole insieme.

“Votate Sì perché così si risparmia”. Certo. Quel tanto che basta per poi sputtanarlo, peraltro con gli interessi, a vantaggio della prima marchetta che tornerà utile per vincere le elezioni.

“Votate Sì perché si velocizza l’iter delle leggi”. Che è già velocissimo, ma solo quando c’è da approvare qualche legge diversamente inebriante. Tipo Lodo Alfano, Legge Fornero o salvabanche, che richiesero meno di venti giorni per essere consegnate alla Storia.

“Voto Sì perché non mi convince la compagine del No” (Federico Rampini). Di fronte a un’argomentazione così forte, nulla si può controbattere. Si è come travolti da troppa grandezza, quasi come se ci trovassimo di fronte Orfini in slip pervinca e ciabatte cremisi.

“Voto Sì perché l’ha detto il partito”. È così che ragionano molti over 60 rimasti ancora al Pci. E saranno probabilmente decisivi nel risultato finale.

“Questa riforma mi fa schifo, quindi voto Sì” (Massimo Cacciari). Anch’io trovo che i Modà facciano pena. Quindi fondo subito un loro fan club. E lo chiamo “Ecco i nuovi Pink Floyd”.

“Votate Sì perché il o è un’accozzaglia di tutti contro uno solo” (Matteo Renzi). Detto che così parlando Renzi ha dato ad Alfano del “signor nessuno”, e non saremo certo noi a dargli Ntorto, quelli del sì non sono mica un’accozzaglia. Ci sono Doris e Cicchitto, Ferrara e Marchionne, D’Anna e Verdini. Più che un’accozzaglia, il bar di Guerre stellari.

“Votate Sì che così arrivano fiumi di soldi, se Renzi non vi piace me ne fotto” (il personaggetto De Luca). Parole forti, ma tanto scherzava. Quindi non rompete le palle. “Votate sì perché meglio poco che niente”. Come no. In effetti, se hai il raffreddore, molto meglio farsi venire direttamente una bella sincope. Fulminante.

“Voto Sì perché non si può stare sempre fermi” (Ilaria D’Amico, con tanto di video dolente in cui imita la nota attrice di Boris). Cara Ilaria, senza offesa, ma se devo scegliere tra un parcheggio e un muro contro cui schiantarmi, preferisco il parcheggio.

“Votate Sì perché così si sconfigge meglio il terrorismo” (Maria Elena Boschi). Va be’, l’ha detto la Boschi. Cosa vuoi commentare.

“…”. Questa è la voce della maggioranza silenziosa. Quella che non dice nulla, e poi la domenica votava Dc. E poi Craxi. E poi Berlusconi. Senza mai ammetterlo. Ed è su questa maggioranza silenziosa che Renzi spera. Temo non senza ragione.

“Votate Sì perché in fondo è una riforma simile a quella di Berlusconi”(Giorgio Napolitano). Oooh, finalmente: dopo anni a far finta di combattere Berlusconi, il centrosinistra italiano si vanta di essergli simile. Dall’antiberlusconismo finto al berlusconismo ostentato. Son soddisfazioni. Daje Re Giorgio, e viva i carri armati del ’56.

“Voto Sì perché quelli del Fatto mi stanno antipatici”. Ci sta. Non mi ero però accorto di come Andrea Romano fosse il nuovo Woody Allen.

“Votate Sì perché lo dicono Benigni e Sorrentino”. Grazie, ma il primo preferisco ricordarlo da artisticamente vivo e il secondo quando era davvero l’uomo in più.

“Voto Sì perché la parola No non mi è mai piaciuta” (Carlo Cracco). Perfetto, chef barbuto delle patatine. Domani vengo a mangiare da te e quando mi porti il conto ti dico: “Posso non pagare, vero?”. Poi, ma solo se mi gira, ci aggiungo anche un bel “Suca”. Agile, in scioltezza.

“Votate Sì perché i partigiani veri votano Sì” (Boschi). Va be’ dai, anche questo l’ha detto la Boschi. Cosa vuoi commentare.

“Votate Sì perché nel No ci sono D’Alema, CasaPound e Brunetta”. Invece nel Sì ci sono Gramsci, Parri e Pertini, travestiti però da Ciaone Carbone, The Man Nardella e quella che ai pensionati disse di ipotecare la casa se non gli bastava la pensione (credo si chiami Alessia Morani: la riconoscete perché ha sempre la faccia ingrugnita che aveva Maurizio Lupi quando gli dicevano brutto. Cioè sempre).

“Votate Sì perché si combatte meglio il cancro” (Boschi). Va be’ dai, pure questa l’ha detta la Boschi. Una prece. A lei e a Repubblica, che ieri ha fatto un titolo analogo. A volte certa gente ha proprio la faccia come il Rondolino.

“Votate Sì perché si cambia”. Certo che si cambia. Se però ho un problema di tubature in casa e per risolverlo mi bombardi il palazzo, permetterai che non sia poi necessariamente entusiasta del tuo concetto di “cambiamento”.

“Votate Sì perché, se vince il No, cade Renzi”. È una minaccia o una promessa?

“Votate Sì perché altrimenti togliamo gli 80 euro” (Boschi). Niente: proprio non ce la fa. Siate vicini a questa povera ragazza: non è colpa sua, ma di chi ce l’ha messa.

“Votate Sì perché altrimenti arriva Grillo”. E vi scotenna vivi, mangiando le vostre viscere fischiettando “Andiamo a comandare” con Dibba e Di Maio.

fonte:
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/qualcuno-votava-si-lelenco-definitivo/

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Lei

Lei, forse sarà la prima che,
Io non potrò dimenticar,
La mia fortuna o il prezzo che, dovrò pagar;
Lei, la canzone nata qui,
Che ha già cantato chissà chi,
L’aria d’estate che ora c’è
Nel primo autunno su di me..

Lei, la schiavitù la libertà,
Il dubbio la serenità
Preludio a giorni luminosi oppure bui;
Lei, sarà lo specchio dove io,
Rifletterò progetti e idee
Il fine ultimo che avrò, da ora in poi.

Lei, così importante così unica,
Dopo la lunga solitudine,
Intransigente e imprevedibile.

Lei, forse l’amore troppo atteso che,
Dall’ombra del passato torna a me,
Per starmi accanto fino a che vivrò.

Lei, a cui io non rinuncerei,
Sopravvivendo accanto a lei,
Ad anni, combattuti ed avversità;
Lei, sorrisi e lacrime da cui,
Prendono forma i sogni miei,
Ovunque vada arriverei,
A passo a passo accanto a lei.
Lei, lei, lei.

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Blu Oceano – Vento Flavia

E noi, insieme,
Vinceremo su tutto.
Il mondo si colora
Quando ti guardo.
I tuoi occhi mi ricordano il mare.
Le tue mani mi accarezzano il viso.
Il tuo sorriso mi riempie l’anima.
Il tuo cane scodinzola
E io penso a te
Nel parco immenso
Con alberi secolari.
E i tuoi occhi Blu Oceano.

Su wordpress comunque ho letto di peggio…

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Sete di te m’incalza – Pablo Neruda

Sete di te m’incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.

Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.

Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.

Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci.
L’anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l’acqua nel fuoco.

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Ode al mare – Neruda

Qui nell’isola
il mare
e quanto mare
esce da sé stesso
in ogni momento,
dice di sì, di no,
di no, di no, di no,
dice di sì nell’azzurro,
nella spuma, nel galoppo,
dice di no, di no.

Non può stare tranquillo,
mi chiamo mare, ripete
battendo su una pietra
senza ottenere di convincerla,
allora
con sette lingue verdi
di sette cani verdi,
di sette tigri verdi,
di sette mari verdi,
la percorre, la bacia,
la inumidisce
e si colpisce il petto
ripetendo il suo nome.

Oh mare, come ti chiami,
oh compagno oceano,
non perdere tempo e acqua,
non scuoterti tanto,
aiutaci,
siamo i piccoli
pescatori,
gli uomini della riva,
abbiamo freddo e fame,
sei il nostro nemico,
non colpire così forte,
non gridare a questo modo,
apri la tua cassa verde
e offri a tutti noi
tra le mani
il tuo regalo d’argento:
il pesce di ogni giorno.

Qui in ogni casa
lo amiamo
e benché fatto d’argento,
di cristallo o di luna,
nacque per le povere
cucine della terra.

Non custodirlo,
avaro,
mentre scivola freddo come
lampo bagnato
sotto le sue onde.

Vieni ora,
apriti
e lascialo
vicino alle nostre mani,
aiutaci, oceano,
padre verde e profondo,
a dar termine un giorno
alla povertà terrestre.

Lasciaci
raccogliere i frutti dell’infinita
piantagione delle tue vite,
i tuoi frumenti e le tue uve,
i tuoi buoi, i tuoi metalli,
lo splendore bagnato
e il frutto sommerso.

Padre mare, sappiamo già
come ti chiami, tutti
i gabbiani diffondono
il tuo nome sulle spiagge:
ora, comportati bene,
non scuotere i tuoi crini,
non minacciare nessuno,
non rompere contro il cielo
la tua bella dentatura,
tralascia per un momento
le gloriose storie,
da’ ad ogni uomo,
ad ogni
donna e ad ogni bambino,
un pesce grande o piccolo
ogni giorno.

Va’ per tutte le strade
del mondo
per distribuire pesci
ed allora
grida,
grida
perché ti odano tutti
i poveri che lavorano
e dicano,
affacciandosi all’imboccatura
della miniera:
“Ecco che viene il vecchio mare
a distribuire pesci”.

Poi torneranno giù,
nelle tenebre
sorridendo, e per le strade
e per i boschi
sorrideranno gli uomini
e la terra
con sorriso marino.

Ma
se così non vuoi,
se non ne hai voglia,
aspetta,
aspettaci,
dovremo provvedere,
per prima cosa
regoleremo i problemi
dell’umanità,
dapprima i più grandi,
quindi tutti gli altri,
ed allora
entreremo in te,
taglieremo le onde
con un coltello di fuoco,
su di un cavallo elettrico
salteremo la spuma,
cantando
ci immergeremo
fino a toccare il fondo
delle tue viscere,
un filo atomico
terrà a bada i tuoi fianchi,
pianteremo
nel tuo giardino profondo
alberi
di cemento e acciaio,
ti legheremo
mani e piedi,
sopra la tua pelle gli uomini
passeggeranno sputando,
togliendoti grappoli,
costruendo armature,
montando sulla tua groppa per domarti
e per dominarti l’anima.

Ma questo accadrà quando
noi uomini
avremo regolato
il nostro problema,
il grande,
il gran problema.

Tutto regoleremo
poco a poco:
Ti obbligheremo, mare,
ti obbligheremo, terra,
a far miracoli,
perché in noi stessi,
nella lotta,
sta il pesce, sta il pane,
sta il miracolo.

(La foto è stata scattata da me stesso medesimo in persona, quello che vedete è il Castello Aragonese, Ischia)

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L’odio

C’è una mole così grande di amore sui social, nelle canzoni, nei film, in tv
che ogni tanto mi viene un senso di nausea.
Come fossimo tutti santi amanti del prossimo, quando in realtà siamo bestie egoiste senza cuore ne cervello assetati di sofferenze altrui.
L’uomo non è fatto per amare, ma per odiare, uccidere,
distruggere tutto ciò che ha intorno.
Noi siamo uomini, no animali, non siamo fatti per amare, ma per odiare.
E chi pensa il contrario è solo uno sciocco che vive in un bel mondo di favole, costruito ad arte per lui e per i suoi simili.
Siamo circondati da odio, no da amore. Sarebbe di buon senso ammetterlo e smetterla di fare i buonisti del cazzo.
Il bambino prova vergogna per una buona azione, ma si sente grande con una cattiva.

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Io ti vorrei bastare – Erri De Luca

“Io te vurria vasà – sospira la canzone,
ma prima e più di questo io ti vorrei bastare
come la gola al canto e come il coltello al pane
come la fede al santo io ti vorrei bastare.
E nessun altro abbraccio potessi tu cercare
in nessun altro odore addormentare,
io ti vorrei bastare.

Io te vurria vasà – insiste la canzone,
ma un po’ meno di questo io ti vorrei mancare,
più del fiato in salita,
più di neve a Natale,
più di benda su ferita,
più di farina e sale.

E nessun altro abbraccio potessi tu cercare
in nessun altro odore addormentare.

Io ti vorrei bastare.”

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Ode al giorno felice – Pablo Neruda

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.

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